Straining: Il Caso Vigevano
- VigevanoFutura
- 12 giu
- Tempo di lettura: 3 min
Che cos’è lo straining in Italia
Lo straining è una forma di disagio lavorativo riconosciuta dalla giurisprudenza italiana e si configura come una situazione di stress forzato e prolungato sul posto di lavoro, causata da una o più azioni ostili che, pur non essendo sistematiche o ripetute come nel mobbing, producono effetti negativi duraturi sulla condizione lavorativa della vittima. La vittima si trova in una posizione di persistente inferiorità rispetto a chi attua tali comportamenti (lo “strainer”).
A differenza del mobbing, che implica una serie di atti persecutori sistematici e continui con l’obiettivo di isolare o allontanare il lavoratore, lo straining può derivare anche da un singolo episodio o da azioni occasionali, purché abbiano effetti prolungati e negativi sulla salute psicofisica e sulla situazione lavorativa della persona.
Inquadramento normativo
Non esiste una legge specifica che disciplini lo straining, ma la tutela del lavoratore si fonda su diverse norme del Codice Civile e della Costituzione:
Art. 2087 c.c.: obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti.
Art. 2043 c.c.: prevede il diritto al risarcimento per il danno ingiusto subito.
Art. 32 Cost.: tutela la salute come diritto fondamentale.
D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro): impone la valutazione e prevenzione dei rischi psicosociali, compreso lo stress lavoro-correlato.
La giurisprudenza, in particolare la Corte di Cassazione, ha riconosciuto che anche condotte isolate ma con effetti duraturi possono essere oggetto di tutela e risarcimento.

Esempio pratico: il caso di Vigevano
Nel caso riportato dal comando di polizia locale di Vigevano, una vicecommissaria ha denunciato una situazione di straining attraverso una diffida inviata dall’ avvocato Furio Suvilla al sindaco e al comandante della polizia locale. La diffida elenca una serie di comportamenti che avrebbero generato una condizione di stress forzato e prolungato nella dipendente, tra cui:
Demansionamento: la dipendente è stata spostata da responsabile dell’ufficio commerciale a incarichi esterni su strada, con la motivazione che, usufruendo della legge 104 e di permessi di studio, non poteva garantire la costante presenza necessaria alla direzione dell’ufficio.
Errori nelle buste paga.
Attribuzione di orari di lavoro frammentati, tali da rendere difficile eseguire gli ordini di servizio.
Ferie imposte d’ufficio.
Bassa valutazione della performance lavorativa e altre contestazioni disciplinari.
Secondo la diffida, questi comportamenti sarebbero discriminatori e illegittimi, tanto da giustificare il ricorso alle vie legali se non dovessero cessare.
Differenze tra straining e mobbing
Caratteristica | Straining | Mobbing |
Frequenza | Episodi isolati o occasionali | Azioni sistematiche e ripetute nel tempo |
Intensità | Anche una sola azione con effetti duraturi | Pressione costante e continua |
Obiettivo | Non sempre presente, spesso disagio prolungato | Isolare o costringere la vittima a dimettersi |
Rilevanza giuridica | Riconosciuta se c’è danno psico-fisico | Riconosciuta per la sistematicità delle azioni |
Tutela e risarcimento
Il lavoratore che subisce straining può agire in giudizio per chiedere la cessazione dei comportamenti lesivi e il risarcimento dei danni, sia patrimoniali (spese mediche, perdita del lavoro) sia non patrimoniali (danno morale e psicologico). Nei casi più gravi, se le condotte configurano reati come lesioni personali o atti persecutori, possono esserci anche conseguenze penali.
Conclusione
Lo straining rappresenta una forma di disagio lavorativo meno eclatante ma comunque grave rispetto al mobbing, poiché anche singoli episodi possono compromettere in modo duraturo la salute e la dignità del lavoratore. La legge italiana, pur non prevedendo una disciplina ad hoc, offre strumenti di tutela efficaci tramite il Codice Civile e la giurisprudenza consolidata.
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